Carried Interest anche per il CEO

Maggio 2, 2022
Federico Cocchi

La sottoscrizione da parte degli shareholders di un accordo in forza del quale i firmatari si impegnano a non distribuire dividendi, non impedisce tout court l’applicazione ai proventi percepiti da un CEO, della disciplina fiscale dei cd. carried interest contenuta all’interno dell’articolo 60, del decreto-legge n. 50 del 2017.
È quanto emerge dalla lettura della risposta ad interpello n. 225 del 27 aprile 2022, ove l’agenzia delle entrate, chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di applicare ad un Management Incentive Plan sottoscritto da un dirigente di un gruppo svizzero, la normativa sui cd. carried interest, ha fatto buon governo delle direttive contenute all’interno della circolare n. 25/E del 16 ottobre 2017.
In particolare, infatti, gli uffici dopo aver appurato che l’accordo sottoscritto tra gli shareholders escludesse la possibilità di distribuire dividendi e concluso – in conformità a quanto precisato, anche, dal principio di diritto n. 5/2019 – di non poter considerare verificata, invece, la seconda condizione richiesta dalla normativa sui diritti patrimoniali rafforzati (secondo la quale i proventi relativi alle azioni, quote o strumenti finanziari che attribuiscono diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’OICR abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo cd. hardle rate) hanno nuovamente ribadito che l’assenza di uno dei requisiti previsti dall’articolo 60 citato non esclude, in senso assoluto, la possibilità di qualificare i proventi percepiti quali redditi finanziari. In tale situazione, tuttavia, risulterà necessario verificare ed in concreto, quell’allineamento “di interessi tra investitori e management” volto ad escludere che il provento percepito costituisca unicamente un’integrazione della retribuzione ordinaria del manager da inquadrare tra i redditi di lavoro dipendente.
Nel caso di specie, quali indici rivelatori della natura finanziaria dei proventi derivanti dal piano di incentivazione, sono stati valorizzati il considerevole importo versato dal CEO (pari, da solo, alla condizione del cd. “investimento minimo di cui alla lettera a), dell’art 60) e la presenza di una clausola di good leaver che non avrebbe coperto l’investimento da eventuali oscillazioni negative del mercato.
Ricordiamo, infine, che la qualificazione dei proventi in parola non risulta di poco conto: infatti, mentre i proventi finanziari godono di una tassazione sostitutiva che attualmente è pari al 26 %, i redditi da lavoro dipendente o assimilati sono soggetti a tassazione ordinaria e progressiva irpef (con la possibilità che trovi, quindi, applicazione l’aliquota marginale del 43 %).

Articolo di Italia Oggi

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